Chi causa un incidente mortale o con feriti mentre guida sotto effetto di alcol o droga ora risponde solo di omicidio stradale, sia pure nella misura aggravata prevista proprio nei casi di abuso di alcolici o alterazione da stupefacenti. Quindi, rispetto alla normativa precedente alla legge sull’omicidio stradale (la 41/2016), non si deve più venire imputati anche per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe: la Cassazione, nella sentenza 26857/2018 depositata ieri, ritiene che altrimenti si violerebbe il principio del ne bis in idem.
Questa pronuncia consolida l’indirizzo espresso dalla stessa sezione (la Quarta penale) un anno e mezzo fa (sentenza 2403/2017) a proposito di un omicidio stradale commesso guidando in stato di ebbrezza quando ancora non era in vigore la legge 41/2016 che ha introdotto nel Codice penale gli articoli 589-bis e 590-bis. Ora viene affermato esplicitamente che il principio vale nei casi cui si applica la norma attuale, compresi quelli in cui il reato è quello di lesioni stradali e l’alterazione è dovuta non ad alcol ma a droghe.
In sostanza, la precedente normativa (articoli 589 e 590 del Codice penale su omicidio e lesioni colpose) prevedeva aggravanti per fatti commessi violando le norme sulla circolazione stradale da soggetti con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi/litro. La normativa attuale, invece, ha un ambito delineato in modo più preciso: si applica non a tutti i conducenti ma solo a quelli di veicoli a motore e precisa esplicitamente che circostanze come lo stato di ebbrezza sono aggravanti dell’ipotesi-base di omicidio stradale.
Da ciò si può ritenere che la legge 41/2016 abbia introdotto un reato complesso, che quindi ne assorbe altri, cioè quelli relativi alle aggravanti. Essi sono la guida in stato di ebbrezza (articolo 186 del Codice della strada) e quella sotto effetto di droghe (articolo 187), che quindi non vanno contestati separatamente al conducente. Infatti, questi li “paga” in termini di aggravanti dell’omicidio stradale o delle lesioni stradali.
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